Dopo circa un anno di pandemia

Circa un anno fa Franciscans International ha pubblicato la sua seconda dichiarazione in merito alla pandemia da COVID-19, le risposte alla stessa e il loro impatto combinato sui diritti umani. In tale dichiarazione avevamo scelto di concentrarci su due questioni inerenti ai diritti umani – estrema povertà e giustizia ambientale – che sono fondamentali per il nostro lavoro e per il lavoro dei Francescani e degli altri nostri partner. 

Nei 12 mesi trascorsi da allora, FI ha continuato a ricevere dalla sua rete testimonianze su come COVID-19 abbia portato alla luce e intensificato le disuguaglianze socioeconomiche, la discriminazione di genere e razziale e altri effetti. Abbiamo inoltre documentato come la pandemia sia stata una mancata occasione per adottare gli urgenti provvedimenti che la crisi ambientale rende necessari. Nello scegliere questo doppio argomento, abbiamo prestato grande attenzione alle chiamate alla solidarietà internazionale e alla necessità di rafforzare, anziché compromettere, il multilateralismo in questa epoca. FI ha analizzato e presentato le informazioni ricevute dai partner della società civile a vari organismi e agenzie ONU. 

In particolare, i Francescani e altri partner in Africa, Americhe e Asia-Pacifico hanno condiviso con noi le sofferenze in cui versano attualmente le singole persone e le comunità già emarginate e discriminate. 

Questo vale per le popolazioni indigene in paesi come Brasile e Guatemala dove le comunità hanno dovuto lottare per accedere all’ossigeno, ai vaccini e ai loro consueti mezzi di sussistenza, come ad esempio i mercati alimentari in cui vendere i loro raccolti, rimanendo nel contempo vittime di repressione e intimidazioni da parte dello Stato e di soggetti privati. In Kenya, i Francescani sostengono le comunità rurali che lo Stato non protegge dagli effetti negativi cumulativi di siccità, invasioni di locuste, cambiamento climatico e COVID-19. Le proteste in corso in Colombia, represse con la violenza, sono uno degli esempi del rifiuto da parte delle vittime della pandemia e delle crisi dei diritti umani che questa comporta di accettare ancora più disuguaglianza e ancora più ingiustizie economiche e sociali. In Indonesia, in novembre 2020, il Presidente ha ufficialmente emanato una nuova legge che mira ad attirare investimenti e creare posti di lavoro, legge che è stata ampiamente criticata dalle organizzazioni della società civile in quanto ritenuta capace di perpetuare le disuguaglianze e influenzare negativamente i modi in cui le popolazioni indigene che vivono nelle foreste e nei dintorni accedono ai propri terreni, e di porle in svantaggio rispetto alle imprese aventi interessi commerciali, in particolare nella regione di Papua Occidentale.  

In tale contesto, l’evidente mancanza di solidarietà internazionale è stata illustrata in vari dibattiti dell’ONU, compresi quelli riguardanti l’accesso ai vaccini nel mondo. Abbiamo inoltre osservato quanto gli Stati siano restii a esprimere sostegno alla necessità di preservare e rafforzare i servizi pubblici, come la sanità, o ad agire nel rispetto dei diritti umani in ambito multilaterale, ad esempio nel campo della protezione ambientale. 

Nell’ambito della lotta per un ambiente sano, pulito e salubre e, conseguentemente, per uno sviluppo veramente sostenibile, la seconda dichiarazione di FI metteva in guardia gli stati rispetto all’abbassamento dei livelli di protezione ambientale e alle ambizioni climatiche. Dopo alcuni discorsi promettenti, soprattutto in Europa, sulla necessità di un cambiamento di paradigma e di una ripresa “verde”, deploriamo come molti Stati siano invece ricorsi alle solite ricette per rivitalizzare le loro economie: aumento dell’estrazione e sfruttamento delle risorse naturali. 

È il caso, ad esempio, delle Isole Salomone, dove gli effetti del cambiamento climatico sono già chiaramente evidenti e dove da sempre i Francescani denunciano l’impatto della fiorente industria del legname. Nelle Filippine, in aprile 2021, il Presidente ha revocato una moratoria di nove anni sulla concessione dei permessi per le nuove attività minerarie, il che renderà ancora più grave la minaccia già esistente nei confronti dei leader indigeni e dei difensori dell’ambiente. In Brasile si è tentato varie volte di adottare una nuova legislazione per evitare le consultazioni con le popolazioni indigene e altre comunità e per rendere la normativa ambientale meno rigida. Una bozza di legge, in particolare, concederebbe licenze ai megaprogetti senza alcuna valutazione ambientale.1 In questo contesto, FI e i Francescani in paesi come Brasile, Filippine e Colombia condividono i seri timori della più ampia società civile e dei movimenti sociali per l’aumento degli attacchi ai difensori dei diritti umani e dell’ambiente. 

Altri, in particolare i paesi avanzati, hanno sottratto miliardi dai pacchetti per la ripresa destinandoli alle grandi imprese, che non investiranno in una produzione veramente “più verde,” né contribuiranno a realizzare una maggiore uguaglianza sociale.2 All’ultima seduta del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU in marzo 2021, FI ha seguito alcuni dibattiti che dimostravano come la tripla crisi ambientale (biodiversità, inquinamento e clima) sia ancora negata, con conseguente mancata adozione di decisioni urgenti e coraggiose per contenere gli attacchi al nostro pianeta e stimolare l’ambizione di ridurre drasticamente il nostro impatto negativo sullo stesso. 

Tra questi numerosi motivi di frustrazione e scoramento, noi di FI abbiamo ancora una volta avuto il grande privilegio di collaborare con i Francescani e altri partner di tutto il mondo che contribuiscono a ridurre le ingiustizie e a fornire un aiuto spirituale, materiale e legale alle loro comunità. Insieme a questa rete, FI assicura continuamente, malgrado le restrizioni legate alla pandemia, che il sistema dell’ONU possa sentire le voci di coloro che vivono nelle circostanze più difficili, che sono anche i promotori del cambiamento e della speranza. 

Le nostre precedenti dichiarazioni su COVID-19 e diritti umani: